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BRANI

 

d_i

 

 

Brani estratti dal libro ” La gloria dell’indigente

Un brano tratto dal racconto “La gloria dell’indigente”

[…] Briciole, fazzoletti sporchi, lattine, bottiglie, restavano sparse sul pavimento del soggiorno.

Dalla finestra filtrava un po’ di luce proveniente dal lampione della strada. La camera rimaneva semibuia. La sua mente appariva estraniata da tutto ciò che lo circondava: il mondo, la vita. […]

[…] Infondo Dio mi conosce, sa che non c’è cattiveria nella mia crudeltà, sa che non c’è odio nel mio “odiare”, sa che non esiste perversità in ogni mia perversione.

Mi hanno svegliato i violini l’altra notte, mi ha svegliato il suono di un pianoforte, nella tarda ora dei dispersi, degli emarginati, la sveglia ci chiamò, chiamò tutti coloro che per un motivo o per un altro vennero scacciati, nessuno si era degnato di offrirci un biglietto d’entrata. Ed ora, seduto su questa poltrona di morbidi vimini: avverto il tanfo della mia pelle, delle mie sudice mutande, del mio sudicio passato, del mio sudicio avvenire, del mio sudato mal d’africa.

Il timore regnava tra queste stanze, contando i minuti. Il mio coraggio restava disperato, sommerso, imbrattato da desideri scaduti. […]

d_i

 

Un brano tratto dal racconto “Storia di un diplomatico dislessico”

In quelle attese il tempo sembrava non trascorresse mai. Rimaneva seduto in una sala fumatori, sponsorizzata dalla Philip Morris, di un aeroporto internazionale. Attendeva che passassero altre due ore, poi avrebbero annunciato l’apertura del gates 22, e senza esitazione si sarebbe imbarcato. Pronto ad affrontare un altro viaggio.

Continuava a restare seduto fumando la sua camel morbida, guardando al di là delle vetrate gli aerei arrivare e ripartire. Ormai sembrava rassegnato a quelle attese. Da oltre quindici anni, la sua vita era divenuta un’eterna attesa, e un continuo decollo e atterraggio. Accanto a lui, una ragazza dai capelli castani teneva in mano un foglio di carta; dall’apparenza appariva una lettera. Gli occhi della ragazza, mentre scorrevano le frasi scritte d’inchiostro nero, continuavano a riempirsi di lacrime. La ragazza stringeva avidamente nelle sue dita una marlboro fumante. Osservò per un po’ la giovane donna. Nella sala fumatori c’erano circa dieci persone, ognuna delle quali fumava una marca di sigarette diversa. Qualcuno appariva più rilassato, qualche altro più frenetico nei gesti. Tutti restavano in silenzio. Lingue e nazionalità diverse. Tutti con qualcosa in comune: una sigaretta accesa, un aereo da prendere, una solitudine d’affrontare.

[…] Uscì dall’albergo. I libanesi continuavano a giocare a scacchi, col ventilatore acceso e le sigarette fumanti. Vittorio vide che si era aggiunto un quinto uomo, sempre libanese. L’uomo evidentemente ubriaco, stava seduto vicino agli altri tenendo in mano un volantino pubblicitario di un casinò, cercando di capire il meccanismo delle vincite sulla roulette.

Camminò ancora un po’ per le vie del centro storico, poi fermò un taxi e si fece riportare al residens. Rientrò nel miniappartamento. L’orologio segnava le quattro e dieci di mattina. Non sentiva sonno. Prese dal frigo una lattina di birra da mezzo litro, e si sedette sulla sedia a sdraio sul terrazzino. Accese una camel morbida. La strada era sgombra, l’aria appariva umida. Bevve la sua birra. Provava un senso di vuoto interiore, come se qualcosa dentro di se mancasse. Nel silenzio della notte che trascorreva umida e buia, ricordò alcune immagini, alcune situazioni di quando era un adolescente. E forse quei ricordi, erano carichi di nostalgia e rimpianto per qualcosa volato via, scomparso, irripetibile. Umidità e sentimento si mescolavano in una notte medio orientale, evocando l’atmosfera di una qualche fotografia pubblicata su “Vanity Fair”. La luna appariva grande e rossiccia, sfuocata e triste, poetica e misera.

Finì di bere la birra. Si sdraiò sul letto ripensando al profumo di lei. […]

d_i

 

Un brano tratto dal monologo/racconto “Vino in scatola e amore in latta”

 […] questo mondo è vecchio,

merda e cartilagine ammuffita.

Vino in scatola e amore in latta.

Vescovi e battone.

Alcolizzati e salutisti.

Preghiere e menzogne.

Sconforto e passione.

I miei sandali sono bucati, i miei piedi sanguinano,

il vino disinfetterà, tra fuochi e croci, cappi sospesi,

scenderemo nel giardino degli ulivi stanotte e quando il

giorno ci coglierà, i nostri occhi avranno cambiato colore,

ci saranno assassini e ladri nascosti dietro quelle piante,

sotto la luce nera di questo sole mattutino ho cercato il niente,

ma ho trovato un canto misericordioso di tutti quei Poeti Blasfemi

ubriachi di vino e di parole,

i disertori d’ieri si sono persi

nell’ultima notte dell’anno,

i santi continuano a vendere i loro miracoli all’asta,

dov’è quell’uomo che mi chiese

di bere l’ultimo bicchiere, prima che la morte lo raggiungesse?

Dov’è quella terra che ci avevano promesso?

Dov’è l’orgoglio?

Il mio cappio di Giuda rimane vuoto a penzolare dall’albero di fico,

ancora l’istinto non è tradito, ancora non ho tradito,

ancora aspetterò che quel campanile senza campane ricominci a suonare. […]

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